mercoledì 22 febbraio 2017
Un tuffo nelle acque delle Terme Acqua Pia
Le Terme Acqua Pia sono una delle maggiori attrazioni della valle del Belice. Per tutto l'arco dell'anno offre i suoi migliori servizi ai turisti provenienti da ogni parte della Sicilia (e non solo). La struttura è provvista di due piscine ed un'antica sorgente termale. Inoltre è possibile usufruire dei servizi offerti dal centro di benessere e dall'area ristoro.
La storia
La storia delle Terme si mescola ad una leggenda la quale narra che nelle sue acque si andassero a bagnare due giovani pastori della Valle del Belice Cinzio e Corinzia i quali proprio lì compirono riti in onore dalla dea Venere la quale ( sempre secondo la leggenda) donò loro la bellezza e l'immortalità. Per questo la sorgente venne detta "Fonte Sacra" e i benefici delle sue acque furono conosciute e usate sin dai tempi degli insediamenti romani,i quali realizzarono le prime strutture per sfruttarne i benefici.
Le caratteristiche dell'acqua
L'acqua termale sgorga sotto terra in profondità ed è ricca di fluoro e boro, è purissima e viene utilizzata così come arriva direttamente dalla sorgente senza subire alcun trattamento chimico.
La sua temperatura si mantiene intorno a 40º e grazie alle sue particolari caratteristiche è efficace per la guarigione da osteoporosi, nevriti, artopatia ecc...
Agnese Giuffrida
Virginia Portolano
Casetta dell'acqua Sincera
E’ stata inaugurata la Casa dell’Acqua “Sincera” a Montevago. La
struttura erogherà sia acqua naturale sia acqua gassata h. 24 a 0,05 centesimi al
litro per l'acqua naturale e a 0,07 centesimi al litro per quella frizzante. L’erogatore
pubblico d’acqua Sincera è la soluzione ideale per enti e strutture che
desiderino investire in una soluzione sicura ed ecologica, per un
approvvigionamento idrico "intelligente" della propria comunità.
Dato che in questo periodo l'acqua del nostro paese non è potabile, è giusto che i cittadini sappiano
che l'acqua contenuta nella casetta può essere utilizzata tranquillamente per
qualsiasi uso.
Marika Bonura
Letizia Guzzardo
La tragica notte del Belice
Il terremoto
del Belice del 1968 fu un violento evento sismico, di magnitudo 6.1 ,
che nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 colpì una vasta area della Sicilia
occidentale, la Valle del Belice, compresa tra la Provincia di Trapani, quella
di Agrigento e quella di Palermo
La prima
forte scossa si avvertì alle ore 13:28 locali del 14 gennaio, con gravi danni a
Montevago Gibellina, Salaparuta e Poggioreale, una seconda alle 14:15, nelle
stesse località ci fu un'altra scossa molto forte.
Il 15 gennaio
non si ebbe l’immediata sensazione della gravità del fatto dato che a quel
tempo la zona interessata non era considerata critica dal punto di vista
sismico, il terremoto venne sottovalutato nella sua entità al punto che molti
quotidiani riportarono la notizia di pochi feriti e qualche casa lesionata.
La realtà si
manifestò in tutta la sua terribile evidenza solo quando giunsero i primi
soccorsi in prossimità dell'epicentro approssimativamente posto tra Gibellina,
Salaparuta e Poggioreale: le strade erano state quasi risucchiate dalla terra.
Nei giorni
seguenti visitarono la zona il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat e
il ministro dell'Interno Paolo Emilio Taviani. Furono impegnati nei soccorsi più
di mille vigili del fuoco, la Croce Rossa, l'Esercito, i carabinieri. Il pilota
di uno degli aerei impegnati nella ricognizione della zona dichiarò di avere
visto "uno spettacolo da bomba atomica [...] Ho volato su un inferno".
Il resoconto
fornito dagli inviati dei grandi giornali del tempo permette una ricostruzione
dei fatti e della storia del periodo.
La cronaca
di quei giorni comunicava al mondo intero che
Gibellina, Salaparuta e Montevago erano stati rasi al suolo e i
superstiti, avendo perso le poche cose che avevano, vivevano in uno stato di
totale indigenza.
Capone Riccardo
Capone Riccardo
Carnevale
Anche quest’anno fervono nel
nostro paese i preparativi per il Carnevale.
Questa
sarà per Montevago la XXIX edizione di un evento che ci coinvolge tutti, grandi
e piccini.
Sicuramente
ognuno di noi si sarà chiesto almeno una volta nella vita quali siano le
origini del Carnevale. Ebbene, abbiamo fatto alcune ricerche sul web ed è stato
sorprendente scoprire che i festeggiamenti carnascialeschi hanno un'origine
molto lontana, probabilmente affondano le radici nelle feste religiose pagane,
in cui le maschere avevano una vera e propria funzione apotropaica, quella
di allontanare gli spiriti maligni.
Una
delle teorie più diffuse è quella che fa coincidere la nascita del Carnevale
con le usanze degli Antichi Romani. A
Roma, infatti, durante i festeggiamenti dei Saturnali, feste popolari celebrate
in onore del dio Saturno, vi erano lauti banchetti a cui prendevano parte
tutti, sia nobili che poveri. Vi era un vero e proprio rovesciamento delle
classi sociali, grazie anche alle maschere che impedivano il riconoscimento
delle persone, che quindi si lasciavano andare a qualsiasi genere di
sfrenatezza. Da qui il detto latino “Semel in anno licet insanire”, cioè una
volta all’anno è lecito impazzire!
Naturalmente,
con l’avvento del Cristianesimo, questi riti persero il carattere magico-rituale
e tutti gli eccessi furono proibiti, rimasero semplicemente come forme di
divertimento popolare, sopravvivendo fino al Medioevo dove il culmine della festa veniva raggiunto con il
rogo di un fantoccio che rappresentava i mali dell’anno appena trascorso.
É
interessante notare come ogni antica tradizione continui a vivere nel presente, anche se spesso il vecchio
significato non emerge subito ma solo ad uno sguardo più attento. Il rogo è
ancora presente nel Carnevale Siciliano: ogni Martedì Grasso il nostro caro “Peppe
Nappa” (maschera siciliana della commedia dell’arte) viene messo al rogo a
Sciacca ed in altri paesi dell’agrigentino, mentre a Termini Imerese sarà “u
Nannu” ad essere bruciato per purificare la comunità.
Il
termine Carnevale ha origini
medievali, deriva probabilmente dal latino carnem levare ovvero
“togliere la carne”, riferendosi al banchetto che si teneva il martedì grasso, e contemporaneamente all’inizio
del periodo di Quaresima, tempo di
digiuno e purificazione per i credenti in attesa della Pasqua.
Il Rinascimento permette
al Carnevale di entrare all’interno delle corti europee, con feste sfarzose e raffinate.
Particolarmente famose erano le mascherate su carri, chiamate “trionfi”, accompagnate dai canti carnascialeschi,
organizzate a Firenze da Lorenzo de’
Medici.
Nel
1600 il Carnevale si rinnova grazie alla Commedia dell’Arte, dove le maschere e i costumi rappresentavano un
determinato carattere ed un “tipo” di personaggio: Arlecchino-servitore, Pantalone-padrone,
Balanzone-sapiente fanfarone. Questi personaggi ereditavano dal Carnevale il
gusto per lo scherzo, il travestimento e la battuta, mentre il Carnevale, a sua
volta, assorbiva i loro costumi tipici.
Il Carnevale, oggi, è forse la festa più
divertente dell’anno, apprezzata da tutti coloro che desiderano abbandonare il
consueto ordine per festeggiare giocosamente il “caos”.
Perdendo
nel tempo il suo carattere prettamente sacro, resta una festa molto sentita in
Italia e nel mondo. Festeggiamenti, carri allegorico-grotteschi, infiorati o
satirici, maschere, coriandoli e stelle filanti, sono elementi costanti di un
Carnevale che si rispetti, così come lo è la presenza dei dolci tipici di questo periodo (chiacchiere, frittelle,etc).
Li Chiacchiere di Carnalivaru
Le chiacchiere sono dei dolci tipici italiani preparati
solitamente durante il periodo di Carnevale, chiamati anche con molti altri
nomi regionali.
Le chiacchiere sono dei dolci che hanno origini nell'antica
Roma ed in seguito si sono diffuse in
tutto il mondo in diverse varianti. Esse possono essere anche napoletane e il
loro nome deriva dalla regina Savoia che " Volle Chiacchierare" ma ad
un certo punto le venne fame e chiamò il cuoco Raffaele Esposito per farsi
preparare un dolce che lui chiamò le "Chiacchiere".
RICETTA:
500
grammi di farina 00;
50
grammi di zuccaru;
50
grammi di burru sciughiutu;
2
torla d'ovu chiù 1 sanu;
1
bicchiere di vinu biancu;
un pizzicu di sali;
na busta di vaniglia;
na bustina di pani dill'angili.
PROCEDIMENTO:
Si mpastanu tutti li ingredenti, poi si stinnicchia la pasta
cu lu mattarellu, dopu si passa a la machinetta
e si fannu sfoglie fine, doppo si fannu di la forma chi piaci chiassà e
a la fini si friuno , na vota friute si ci mette lu zuccaru a velu ncapu.
Zito Graziella
Bonura Marika
Guzzardo Letizia
Montevago “Un Paese nato da un sogno”
La ridente cittadina
di Montevago, comune della Sicilia occidentale in provincia di Agrigento, è
situata su un’ampia piattaforma che domina l’intera Valle del Belice.
Durante il
susseguirsi dei secoli questa zona ha vissuto svariate colonizzazioni; sul
territorio, infatti, si sono avvicendati
Sicani, Greci, Romani, Bizantini, Musulmani, Normanni, Spagnoli.
Tracce di tali
insediamenti sono visibili a tutt’oggi.
Durante la
dominazione araba, nella zona sono sorti casali e villaggi, tra questi si
ricorda il casale “Manzil Sindi”, che con la venuta dei Normanni prese il nome
di Miserendino. Questo feudo e il relativo castello vennero concessi nel 1392
da Re Martino ad Antonio Moncada, conte di Adernò.
Nel 1636 il
territorio fu acquistato dalla nobildonna Girolama Xirotta e nel 1642, il
figlio di questa, don Rutilio Xirotta, ottenne dal re Filippo IV di Spagna il
titolo di primo principe del paese e l’opportuna “licentia populandi” per
fondare una colonia agricola.
Il bellissimo
scenario naturale che incorniciava il paesino fu ciò che suggerì, con molta
probabilità, il nome “Montevago” un nome per un luogo da sogno.
Don Rutilio Xirotta
si dedicò alla crescita e allo sviluppo del nuovo paese. Fu un uomo di vasta
cultura e poeta, sia in lingua italiana che in dialetto siciliano.
Datimi paci, o duri
mei pinseri,
basta assai chi
furtuna mi fa guerra
troppu a lu volu,
ohimè siti leggeri
né viditi lu pisu chi
v’atterra
troppu superbi iiti,
e troppa auteri
e guai pri cui
tropp’auta imprisa afferra
chi cui cerca
arrivari all’auti sferi
o si cunsuma in focu,
o cadi in terra.
Sviluppatosi
originariamente attorno al preesistente castello e all’antica chiesetta di San
Domenico, nel tempo il centro conobbe il dominio dei signori Gravina e dei
duchi di San Michele. Sotto questa famiglia, Montevago ebbe un notevole
impulso, e il paese venne edificato secondo uno schema ortogonale che diede una
vera fisionomia all’abitato. Furono avviati anche i lavori per la costruzione del
Duomo, che verrà portata a termine, solo nel 1830, dal Cardinale Pietro
Gravina. Montevago venne abbellita da altri importanti monumenti che sono
andati distrutti dal terremoto del gennaio 1968.
Del vecchio paese
rimane solo un cumulo di macerie diventate un vero e proprio “museo della
distruzione a cielo aperto”.
Il
territorio offre ai suoi visitatori dei paesaggi rurali di incontaminata
bellezza, alcuni dei quali a forte caratterizzazione archeologica:
·
Villa Romana II sec. a.C.
- Contrada Mastragostino
·
Insediamento_bizantino.png
·
Tombe Sicane – Vallone
San Nicola
·
Necropoli Musulmana -
Contrada Caliata
·
Castello della Venaria
Notevole interesse
riveste, inoltre, il complesso termale “Acqua Pia” ricco di fascino grazie alla
rigogliosa vegetazione mediterranea, alla presenza di una ricca fauna, al
silenzio interrotto solo dal gorgoglio della sorgente.
Le terme di Acqua Pia, conosciute fin dall’antichità, sono state pienamente valorizzate solo in
epoca recente con la costruzione di un moderno stabilimento termale e di
strutture ricettive finemente incastonate nel territorio naturale.
La storia delle terme di Acqua Pia affonda le
sue origini in tempi lontani, dove il mito si confonde con la storia.
Un’antica leggenda, infatti, racconta la
storia di Cinzio e Corinzia, due giovani pastori della Valle del Belice, che
erano soliti, mentre facevano pascolare il bestiame, bagnarsi nelle calde acque
di quella che in futuro verrà chiamata “Fonte Sacra“.
Un giorno, con addosso delle candide vesti, i
due innamorati percorsero il pendio tra cardi e ginestre per celebrare, presso
la sacra fonte, un rito in onore di Venere. La dea, per ringraziarli, donò loro
bellezza ed immortalità, tramutando Cinzio in un fauno e Corinzia in una ninfa.
Per secoli, in effetti, la sorgente termale di
Acqua Pia fu chiamata Fonte Sacra e le sue benefiche proprietà furono sfruttate
da tutte le popolazioni che si sono succedute attraverso i secoli, a partire
dai romani che crearono le prime strutture per lo sfruttamento delle acque.
Lavoro svolto dalla classe 3 F
mercoledì 15 febbraio 2017
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